Ieri sera ho finito I Pirati dell'Oceano Rosso di Scott Lynch, il secondo libro della saga dei Bastardi Galantuomini di cui gli Inganni di Locke Lamora è stato il primo inarrivabile episodio.
Di quanto mi sia piaciuto Gli Inganni lo sapete bene e di quanto a molti voi abbia caldamente consigliato il libro pure, quindi capirete che le aspettative per I Pirati erano alte. E sono state parzialmente disattese.
Intendiamoci, è un bel libro, ben costruito ed evidentemente molto pensato, Locke e Jean sono sempre personaggi ben caratterizzati, e i dettagli dell'ambientazione, che stavolta non è Camorr ma la città Tal Verrar, sono sempre curati in modo maniacale. Ma questo libro non ha la folgorante vivacità e la brillante atmosfera a cui Lynch ci stava abituando.
Trama: Dopo la fuga da Camorr, Jean e Locke approdano a Tal Verrar, città portuale nota per la sua rinomatissima casa da gioco. Il suo caveau è stracolmo di ricchezze e gli stessi giocatori che affollano la casa, costituiscono bocconcini troppo prelibati per i nostri raffinati ladri. Locke e Jean iniziano a tessere una trama fittissima di imbrogli, raggiri e costosi acquisti, che permetterà loro di attirare gli sguardi del capo di Peccapicco e di pianificare una frode in grande stile.
Ma a tal Verrar c'è qualcun altro che ha messo gli occhi addosso a Locke e Jaen e che conosce le loro identità camorrane: l'Arconte di Tal Verrar, bisognoso di qualcuno che crei scombussolamento in mare affinchè egli possa armare le sue navi e cogliere l'occasione per destituire i Priori della città. Chi usare come pirati fantocci?? Ma i nostri due ladri, of course! Che non sanno distinguere una poppa da una prua, tanto per capirci. Inizia così la vera avventura piratesca di Jean e Locke che, costretti da mezzi non convenzionali dall'Arconte, diventeranno maldestri pirati, sfigati prigionieri e pure focosi amanti (almeno uno di loro). E pure inaspettati truffati (eggià!!!).
Chiaramente Locke amalgamerà tutti questi elementi caotici per creare la confusione più totale, in un groviglio di verità, mezze verità, identità false, identità un pò false un pò no, che sono come sempre la cifra della narrazione di Lynch.
Oh, detta così io sono una matta scatenata a dire che il libro non mi ha soddisfatto come gli Inganni. E quindi ripeto che il libro merita di essere letto.
Locke Lamora è sempre il solito meraviglioso bastardo che alterna furia e rancore, lingua tagliente e trovate geniali, all'altruismo più generoso nei confronti di Jean. L'amicizia tra i due nei Pirati viene messa alla prova almeno in due occasioni, e la delicatezza con cu Lynch si avvicina ad essa, è la cosa migliore di tutto il libro. Anche la scelta finale di Locke, chi ha letto il libro sa a cosa mi riferisco, è il modo con cui egli ringrazia il suo fidato amico, senza dirglielo davvero.
Anche l'ambientazione di Tal Verrar è molto ben fatta. Si respira opulenza, eccesso e insoddifazione nelle strade della città. C'è Peccapicco, ci sono nobili danarosi che passano il tempo spendendo ed umiliando i propri servi; c'è la solita magia latente, mai urlata ma alla fine, sempre decisiva sia nella sua dimensione alchemica che arcana in senso stretto.
MA il libro non lascia il solito indelebile segno.
Partiamo dalla struttura del testo, più ingombrante e meno funzionale degli Inganni. Se in quel caso la storia stantava a partire per poi fuggire via in un' escalation di avventure al cardiopalma, stavolta il libro ha una testa e dei piedi piccoli piccoli, e una pancia bella grossa. Il libro si allunga drammaticamente e lì per lì c'è solo da gustarsi ogni trovata di Lynch. Ma poi, si capisce che il nostro ha indugiato a lungo su cose presto superate andando rapido su altre.
Gli interludi, che negli Inganni erano funzionali alla comprensione dei personaggi ancor prima che della storia, qui diventa l'esatto opposto. Un'escamotage per raccontare tanti eventi diversi ma che crea un pò di confusione tra passato prossimo e presente.
A livello emotivo... secondo me combattimenti mozzafiato, scelte disperate, sacrifici e quant'altro stavolta non bastano a creare la consueta "epicità" (e qui qualcuno avrà da ridire....). La furia di Locke e Jean, più del secondo che del primo, non ha la maestosa e impietosa forza di prima. Le vendette, che sono una costante del motore narrativo di Lynch, non hanno quel "cuore" bruciante che scatena sentimenti forti nel lettore. E poi, la troppa carne al fuoco, i troppi inganni, fanno perdere la giusta concentrazione emotiva. Persino la morte di voi sapete chi, lo strazio di Jean e il resto dell'azione, non ha il sufficiente mordente.
Insomma, il tono del libro è più soft. C'è meno ironia, i dialoghi splendidi sono molto più rari e l'amato Locke, almeno per me, perde il suo strepitoso fascino. Tra l'altro il vero protagonista, è Jean, non credete?
Però leggetelo sto libro, e ditemi cosa ne pensate che sono curiosa di sapere se c'è qualcosa di sbagliato in me oppure no!
Spoiler: il prologo del libro, con qualla sparata sul presunto tradimento di Jean verso Locke, non vi è sembrata una trovata acchiappa attenzione, piuttosto che il preludio di qualcosa di davvero inaspettato? Io non ci avevo creduto, per carità, ma pensavo che facesse riferimento a una parte importante del libro e invece... ma voi ci credete che Jean avesse fatto il segnale di bluff?? Io con questi due, non so mai a chi, e cosa credere!!! Ma Locke l'antidoto per sè lo troverà nel prossimo libro, a questa cavolata dell'attesa della fine davvero NON CI CREDO!!!
E intanto, non sappiamo ancora il vero nome di Locke Lamora nè chi sia davvero la ladra che gli ga stregato il cuore...